Inizia, come annunciato, la pubblicazione di alcune esperienze di personali su LA "MIA" VIA DELLO YOGA:
Ho iniziato a fare yoga nel marzo 2001.
Dopo una relazione finita mi sono decisa a dedicarmi a quello che da tanto avevo in mente, ma per il quale non avevo mai avuto tempo: lo yoga. Non che ne sapessi molto, anzi, non ne sapevo niente. Ero attratta, un po' come tanti, da questo "sapore" d'oriente e dal fatto che mi era stato detto faceva bene - "una sorta di ginnastica morbida per tirare i muscoli". All'epoca nuotavo, correvo, facevo sport più per dovere che per spirito sportivo, il necessario per mantenersi in forma e come ogni cosa che si fa contro voglia lo facevo male, contratta, tirata. Soffrivo di male al collo, anche a causa delle posture sbagliate e ogni tanto mi si "incantava" qualche nervo sulla spalla o su una coscia. Sono arrivata a Paola Cappelli, grazie ad una amica che praticava con lei. La mia paura di "sempre", che fino ad allora mi ha tenuto lontano da ogni disciplina orientaleggiante era quella di incontrare un "guru", nel senso più occidentale e dispregiativo del termine. Mi spiego, avevo paura di farmi coinvolgere da una figura che potesse intervenire su di me, in modo poco chiaro, influenzandomi o conducendomi su percorsi che non avevo scelto. La mia amica, consigliandomi Paola, mi ha specificato accuratamente quello che anche lei apprezzava nell'insegnante: "incentra molto la lezione sul fisico". Bene con queste pseudo garanzie, mi sono sentita di provare. Allora le lezioni erano in una piccola palestra adatta alla danza nella scuola media Garcia Lorca di Campi Bisenzio. Il luogo era raccolto e intimo anche se nei momenti finali, dedicati al rilassamento, c'erano molti intoppi.
Ho dedicato i mesi che precedevano l'estate a imparare i movimenti, lasciando perdere "il respiro", così come consigliava Paola. Ho goduto immediatamente della rilassatezza che procurava la fase finale della lezione, il rilassamento o le concentrazioni sulla respirazione. Mi ricordo chiaramente la prima volta che ho sentito un senso di abbandono totale, tanto totale che mi sono impaurita e ho aperto gli occhi di scatto durante una meditazione. Paola mi spiegato che succede, non bisogna averne paura ma accettarla e trarne beneficio. Così ho fatto. Nei mesi successivi ho approfondito la disciplina, leggendo e praticando, cercando di misurare il mio corpo per capire dove potevo arrivare. Ho continuato a praticare meditazioni aspettandomi di tornare nuovamente in quel distacco. È avvenuto solo quando non lo cercavo più, ed ho capito che era giusto così. Lo yoga insegna anche a non avere aspettative, a prendere con gioia quello che passa qui ed ora.
La mia via dello Yoga, se così vogliamo chiamare un personale viaggio nella conoscenza di questa disciplina, non finisce qui e non finirà mai. Ho messo un po' a capire che non sono arrivata da nessuna parte, ed anche in quelle cose che pensavo di aver acquisito come le più semplici asana, avrò sempre qualcosa da apprendere. Vorrei poter vivere diversamente, in modo più yogico, in questo mondo che impone ritmi e condizioni forti, ma cerco ancora un compromesso.
S., 30enne
Ho iniziato a fare yoga nel marzo 2001.
Dopo una relazione finita mi sono decisa a dedicarmi a quello che da tanto avevo in mente, ma per il quale non avevo mai avuto tempo: lo yoga. Non che ne sapessi molto, anzi, non ne sapevo niente. Ero attratta, un po' come tanti, da questo "sapore" d'oriente e dal fatto che mi era stato detto faceva bene - "una sorta di ginnastica morbida per tirare i muscoli". All'epoca nuotavo, correvo, facevo sport più per dovere che per spirito sportivo, il necessario per mantenersi in forma e come ogni cosa che si fa contro voglia lo facevo male, contratta, tirata. Soffrivo di male al collo, anche a causa delle posture sbagliate e ogni tanto mi si "incantava" qualche nervo sulla spalla o su una coscia. Sono arrivata a Paola Cappelli, grazie ad una amica che praticava con lei. La mia paura di "sempre", che fino ad allora mi ha tenuto lontano da ogni disciplina orientaleggiante era quella di incontrare un "guru", nel senso più occidentale e dispregiativo del termine. Mi spiego, avevo paura di farmi coinvolgere da una figura che potesse intervenire su di me, in modo poco chiaro, influenzandomi o conducendomi su percorsi che non avevo scelto. La mia amica, consigliandomi Paola, mi ha specificato accuratamente quello che anche lei apprezzava nell'insegnante: "incentra molto la lezione sul fisico". Bene con queste pseudo garanzie, mi sono sentita di provare. Allora le lezioni erano in una piccola palestra adatta alla danza nella scuola media Garcia Lorca di Campi Bisenzio. Il luogo era raccolto e intimo anche se nei momenti finali, dedicati al rilassamento, c'erano molti intoppi.
Ho dedicato i mesi che precedevano l'estate a imparare i movimenti, lasciando perdere "il respiro", così come consigliava Paola. Ho goduto immediatamente della rilassatezza che procurava la fase finale della lezione, il rilassamento o le concentrazioni sulla respirazione. Mi ricordo chiaramente la prima volta che ho sentito un senso di abbandono totale, tanto totale che mi sono impaurita e ho aperto gli occhi di scatto durante una meditazione. Paola mi spiegato che succede, non bisogna averne paura ma accettarla e trarne beneficio. Così ho fatto. Nei mesi successivi ho approfondito la disciplina, leggendo e praticando, cercando di misurare il mio corpo per capire dove potevo arrivare. Ho continuato a praticare meditazioni aspettandomi di tornare nuovamente in quel distacco. È avvenuto solo quando non lo cercavo più, ed ho capito che era giusto così. Lo yoga insegna anche a non avere aspettative, a prendere con gioia quello che passa qui ed ora.
La mia via dello Yoga, se così vogliamo chiamare un personale viaggio nella conoscenza di questa disciplina, non finisce qui e non finirà mai. Ho messo un po' a capire che non sono arrivata da nessuna parte, ed anche in quelle cose che pensavo di aver acquisito come le più semplici asana, avrò sempre qualcosa da apprendere. Vorrei poter vivere diversamente, in modo più yogico, in questo mondo che impone ritmi e condizioni forti, ma cerco ancora un compromesso.
S., 30enne